Il Salento Bizantino – Oblio o coercizione?
“Quasi non ci si crede di essere nel Salento ma piuttosto in qualche anfratto del Nilo egiziano, mancano solo gli animali esotici a completare il quadro anche se, di elefanti maestosi ce ne sono… guardare per credere! Saranno metri faticosi da percorrere, tenetene conto, ma sarete ampiamente ripagati dalla bellezza del luogo.”
– Dal punto di vista di Komoot
Oblio o coercizione?
Prefazione
La decadenza del mondo bizantino nel Salento diventa molto evidente intorno al XIV secolo. Costantinopoli è ormai tagliata fuori, il calo demografico causato dalle epidemie e il plagio per mano degli ordini mendicanti orientati verso un rito latino hanno in quel periodo velocemente corroso il tessuto sociale ellenico.
I Normanni al potere intuirono che certi riti di tradizione ellenica andavano comunque preservati per aggraziarsi la popolazione locale ancora legata alle radici del passato e quindi a mitigare le contrapposizioni violente. Altre volte si è però optato per soluzioni più traumatiche nel tentativo di estirpare il legame millenario con Bisanzio adottando soluzioni impositive e coercitive. Apprezzabile in quel di Acquarica del Capo è l’esempio di adozione della tattica accomodante nei confronti dei sudditi locali. Nella Chiesetta della Madonna dei Panetti, i riti greco-bizantino da un lato e quello latino dall’altro, sono entrambi celebrati sfruttando le due absidi esistenti così come, un centinaio di metri più lontano, è evidente la volontà dei committenti della Cappella di San Nicola presso la Masseria Celsorizzo di mantenere vive le celebrazioni greche e latine attraverso le figure rappresentate e ivi affrescate. Costruire semplicemente un torrione fortificato intorno alla cappella ed impedirne quindi l’accesso fu una tattica coercitiva? Oppure la tattica accomodante aveva già mandato nell’oblio il mondo bizantino derubricando il gesto in mera indifferenza verso il passato? Nel XIV secolo, probabile periodo di edificazione della torre fortificata della Masseria Celsorizzo, gli angioini erano pronti a sovvertire nuovamente l’ordine precostituito dagli svevi mentre Bisanzio diventava un lontano ricordo…
(per gli approfondimenti dei cenni storici, fare riferimento tra le altre, alle fonti disponibili ampiamente in rete)
Oblio o coercizione?
In sintesi
Partiti dalla bellissima Ugento e dopo aver dato un’occhiata ai siti di interesse storico appena fuori dall’abitato il percorso discende lentamente verso il mare attraversando dapprima il borgo di Felline e successivamente, lungo i canali di bonifica, si giunge al mare di Torre San Giovanni. Da lì, per una decina di chilometri abbondanti, sarà tutto gravel in un percorso che si snoda costretto tra canali, laghetti di bonifica e le bianchissime spiaggie a ridosso di Pescoluse. Soltanto per qualche centinaio di metri saremo costretti a pedalare sulla strada provinciale.
Nulla di rilevante comunque. Così come accaduto in un brevissimo tratto sabbioso, anche il Sentiero dei Fani dovrà essere percorso a piedi a meno di non avere doti tecniche di guida adeguati per affrontarlo stando in sella. Bisognerà metterci impegno a spingere la bicicletta per i sentieri ma la fatica è affrontabile e lo sforzo sarà ampiamente ripagato. Si arriva a Presicce-Acquarica percorrendo stradine secondarie di campagna e, alla stessa maniera, dopo aver pedalato attraverso i due borghi saldamente appaiati, si prosegue verso la piccola Gemini e dunque,
su di un bellissimo tratto che sembra essere progettato solo per la percorrenza in bicicletta, si torna a Ugento il cui campanile è visibile già da molto lontano.
Tutte visibili dal percorso pedalato
le cripte a volte non sono direttamente accessibili in bicicletta ma si necessita di percorrere brevissimi tratti addirittura a piedi oppure sono di pertinenza di proprietà private. Bisognerà informarsi sulla possibilità di visita quando non sono direttamente accessibili. Sono presenti dei punti di ristoro come masserie adibite ad agriturismo o ristoranti durante tutto l’arco del percorso.
Questo l’elenco dei punti di rilievo in ordine di passaggio partendo da Ugento:
- Cripta del Crocifisso, Ugento
- Cripta San Pantaleone, Salve
- Cripta San Mauro, Presicce
- Chiesetta di Santa Maria della Grotta, Presicce
- Chiesa Madonna dei Panetti, Acquarica del Capo
- Frantoio Ipogeo, Acquarica del Capo
- Cappella di San Nicola in Celsorizzo Acquarica
Adatto a biciclette attrezzate per percorrere lunghi tratti ghiaiosi ma compatti. Laddove necessario, scendere dalla bici e percorrere a piedi i cento metri di spiaggia costituita da sabbia finissima. Altrettanto si dovrà preventivare di dover fare lungo il Sentiero dei Fani dove sono da affrontare anche delle brevi rampe in pendenza oltre qualche strettoia di vegetazione con rovi. In generale, i dislivelli non possono destare preoccupazione ma sono comunque presenti. Porre attenzione agli attraversamenti di arterie stradali principali con traffico automobilistico prevalente.
Oblio o coercizione?
Esperienza e sensazioni
Ugento
Ogni volta che ho avuto l’opportunità di attraversare il nucleo storico di Ugento passando dalla sua bella piazza ariosa, pulita e ordinata, ho sempre avuto una percezione di quiete e tranquillità. Pochissima gente incontrata per strada, i silenzi di un borgo poco frequentato dal turismo di massa e ritmi di vita a misura d’uomo.
Sarà perchè molti sono distratti dalla movida vissuta lungo la stupenda costa ionica di pertinenza o semplicemente perchè la mia percezione è condizionata dal fatto di non essermi mai trovato a frequentare Ugento nei periodi di affollamento.
Sta di fatto che adoro pedalare in solitudine tra i suoi vicoli, passare sotto le mura fortificate del castello e dirigermi a nord tra gli antichi muri in pietra che racchiudono la Via Augusta Sallentina, strada di comunicazione già tracciata dai messapi, poi ampliata dai romani ed infine sfruttata anche dai bizantini prima di andare definitivamente in rovina.
Le tracce della Storia
Le tracce di questa storia sono ben visibili e riconoscibili appena fuori dall’abitato dove una necropoli messapica posta ai piedi della cripta bizantina del crocifisso, primo obiettivo (cronologico) dichiarato del percorso sviluppato, è apprezzabile ma forse meglio valorizzabile. A pochissima distanza un’altra chicca si presenta inaspettatamente davanti.
Durante il mio pedalare lungo le strade salentine per la prima volta incontro una colombaia ipogea scavata nella roccia, la reputo dunque una rarità. Ho sempre pensato che il naturale ricovero dei colombi nel Salento fossero le torri appositamente costruite, salvo essere smentito da questa realtà posta alle porte di Ugento.
I canali di bonifica
Scavalcato ai margini il promontorio su cui è costruita Ugento, si plana dolcemente a est per raggiungere il piccolo ma grazioso centro urbano di Felline rivalutato grazie alla sua ormai proverbiale capacità di accoglienza dei turisti. Seguire i margini di un lungo canale di bonifica fino a giungere al mare di Torre San Giovanni è il preludio a quello che sarà il percorso da lì in poi.
Il tratto costiero oggi famoso per le sue spiagge bianchissime e vaste che includono le così dette “Maldive (o Seychelles) del Salento” era in passato un habitat umido e paludoso che progressivamente è stato bonificato per recuperare terreni fertili e debellare l’aria malsana (per il genere umano) generata da questi acquitrini formati da acqua stagnante.
Le Maldive del Salento
Oggi, seguire i canali ed i laghetti di bonifica stando seduti in biciletta è diventato un must imprescindibile per gli amanti del genere, vuoi perchè il fondo stradale è prevalentemente ghiaioso per chilometri e chilometri, vuoi perchè gli ambienti umidi attraversati danno la possibilità di avvicinarsi incredibilmente alla fauna ospitata, in particolare nelle stagioni migratorie dell’aviofauna (è compresa qualche zanzara ma basta respirare a bocca chiusa, quì e là, ed il problema è risolto).
Laddove non arriva l’occhio, l’udito sopperisce e aiuta ad individuare l’esplosione di vita nascosta tra i canneti o sugli specchi d’acqua costeggiati.
Inoltre le spiagge sono lì a pochissimi metri, tanto da dover fare i conti con esse spingendo la bicicletta per un centinaio di metri a meno di non saper galleggiare sulla sabbia mentre si pedala. Se non vi siete portati il costume da bagno avete fatto un errore ma, durante la bassa stagione, il paradiso formato da lunghe spiagge vuote può suggerire di tuffarsi sfruttando abbigliamento non proprio idoneo allo scopo, tanto chi ti vede? In estate? Cambiate rotta, lasciate perdere!
Il sentiero dei Fani
Dal paradiso delle spiagge al paradiso di un ecosistema delicatissimo dal verde lussureggiante. Un paradiso inaspettato e sorprendente per chi conosce il Salento grazie ai soliti stereotipi. Dopo qualche chilometro di salita, lasciandosi alle spalle il mare, si giunge a questo scrigno della natura e si torna a parlare anche di bizantini. Per favore, entrate in punta di piedi con l’intento di non lasciare tracce del proprio passaggio, preservare il delicato ecosistema del Canalone dei Fani è doveroso almeno quanto preservare il patrimonio storico salentino.
La minaccia di perdere questo luogo per sempre a causa degli egoismi degli esseri umani è già sufficientemente alta. Quasi non ci si crede di essere nel Salento ma piuttosto in qualche anfratto del Nilo egiziano, mancano solo gli animali esotici a completare il quadro anche se, di elefanti maestosi ce ne sono… guardare per credere! Saranno metri faticosi da percorrere, tenetene conto, ma sarete ampiamente ripagati dalla bellezza del luogo.
Presicce – Acquarica
La strada verso Presicce sembra fatta per essere percorsa in biciletta. Stradine secondarie strette tra tipici muretti in pietra con lievi pendenze in salita o tratti pianeggianti fanno riprendere il fiato e rallentano il battito cardiaco alterato dagli sforzi precedenti. Improvvisamente Presicce appare sotto le nostre ruote mentre un panorama dona profondità di visuale verso l’entroterra salentino.
Si torna a pedalare in un contesto cittadino fino ad Acquarica del Capo e tra un sito bizantino e l’altro, approfittare per riempire le borracce ormai vuote e godere dell’ospitalità del luogo è “l’amarena sul pasticciotto” (per non dire “la ciliegina sulla torta”) prima di affrontare una stupenda ciclabile naturale non valorizzata e che invece meriterebbe di essere riconosciuta come tale e segnalata a dovere. Ugento si farà notare da lontano e ci accoglierà nuovamente a braccia aperte…