Pietre del Salento – La pietra nel destino
“…Sfumature di ambienti gattopardeschi spazzano via ogni pregiudizio negativo, la realtà è sorprendente, le pregresse aspettative dunque fuorvianti…”
– Dal punto di vista di Komoot
La pietra nel destino
Prefazione
Dolmen Specchia – Maglie
Scoperto da Luigi Corsini nel 1978. Il suo lastrone di copertura, ha una particolare forma poligonale su cui sono presenti diverse coppelle, anche in questo caso destinate probabilmente a un uso cultuale. Il suo nome trae origine dalla presenza di alcune specchie disseminate nella zona, di cui oggi purtroppo, non si ha più nessuna traccia.
Dolmen Plau I e II (Dolmen Caroppo) – Corigliano d’Otranto
Scoperti nel 1993 da Oreste Caroppo, un noto appassionato e conoscitore del territorio Salentino. La notizia della scoperta, all’epoca, catturò l’interesse di diversi studiosi, che si precipitarono subito sul posto per poter esaminare attentamente i due Megaliti. I Dolmen, sono adagiati su un piccolo promontorio denominato contrada Plao, termine di origine Grika, che significherebbe “chianca”, ovvero una lastra di pietra chiara, tipica del territorio Pugliese. Inoltre, sulla superficie rocciosa circostante, sono presenti una serie di canaline simili a quelle del Dolmen Stabile di Giuggianello, molto probabilmente usate per far defluire dei liquidi durante lo svolgimento di alcuni rituali.
Menhir di Montevergine
Il Menhir di Montevergine, è l’ennesimo esempio di come gli elementi pagani siano riusciti a mescolarsi nel corso dei secoli, all’interno dei luoghi cristianizzati. Il monolite, che in passato raggiungeva i 2 metri e più di altezza, infatti, è collocato a ridosso del santuario della Madonna di Montevergine, nel punto esatto in cui scorrerebbe un fiume sotterraneo. L’apparizione della Beata Vergine, avvenuta nel 1595, ha creato attorno a questo luogo un’aura di sacralità e di mistero, capace ancora oggi di incantare i tanti visitatori.
Menhir di Morigino – Frazione di Maglie
Le sue origini, ancora oggi, sono del tutto sconosciute. Secondo alcuni, potrebbe trattarsi di una semplice colonna votiva, lo dimostrerebbe la presenza di un incavo su uno dei lati del monolite, forse destinato all’alloggio d’immagini sacre. Per tale motivo, è stato classificato come “pseudo Menhir”.
(per gli approfondimenti dei cenni storici, fare riferimento tra le altre, alle fonti disponibili ampiamente in rete)
La pietra nel destino
In sintesi
Si parte da Cursi, luogo principe della lavorazione di pietra leccese e si attraversa la rinomata Melpignano per approdare a Maglie dopo aver pedalato tra le cave di pietra. L’area industriale è attraversata in pochissimo tempo per poi immediatamente tuffarsi nella classica realtà salentina fatta di viabilità secondaria a traffico quasi nullo.
Con Morigino alle spalle si lascia l’area delle cave e si punta in scioltezza verso Palmariggi ed il suggestivo santuario Maria SS.ma di Montevergine. Bella ma breve la via ciclabile con vista sui monti albanesi che discende dal lato opposto della collina per raggiungere il menhir più lontano del percorso.
Si ritorna sù verso Montevergine, questa volta attraversandolo, per poi raggiungere rapidamente Bagnolo non prima di aver pedalato un tratto di via sterrata tra uliveti e campi coltivati. Cursi è lì a due passi a chiudere il cerchio del percorso.
Sono presenti dei punti di ristoro come masserie adibite ad agriturismo o ristoranti/resort sul percorso pedalato.
Questo l’elenco dei punti di rilievo in ordine di passaggio partendo da Cursi:
- Menhir Candelora, Melpignano
- Menhir Minonna, Melpignano
- Dolmen Plau grande/Caroppo 1, Corigliano d’Otranto
- Dolmen Plau piccolo/Caroppo 2, Corigliano d’Otranto
- Dolmen Specchia, Cursi
- Dolmen Masseria nuova, Cursi
- Menhir Calamauri, Cursi
- Dolmen Caramauli, Cursi
- Menhir Croce alle tajate, Cursi
- Pseudomenhir di Morigino
- Menhir Spruno, Bagnolo
- Menhir Montevergine 2, Palmariggi
- Menhir Palanzano, Palmariggi
- Menhir Montevergine, Palmariggi
- Menhir Bagnolo
- Menhir croce di Bagnolo, Cursi
Adatto a biciclette attrezzate per percorrere tratti anche ghiaiosi e sterrati. Nei pressi delle cave, pur essendoci pochissimo traffico, bisognerà fare attenzione ai probabili (pochi) passaggi dei camion che trasportano materiale da e per le suddette cave. Per raggiungere alcuni menhir o dolmen bisognerà lasciare i margini della strada per addentrarsi in qualche appezzamento terriero, nulla di particolarmente complicato o illecito ma, laddove necessario, bisognerà scendere dalla bici e superare a piedi i pochi metri di eventuali ostacoli incontrati. Attenzione lungo i sentieri boschivi dove sono da affrontare strettoie di vegetazione. I dislivelli sono lievi e un pochino più marcati dalle parti di Montevergine. Porre attenzione agli attraversamenti di arterie stradali principali con traffico automobilistico prevalente, soprattutto sulla S.P. 361.
La pietra nel destino
Esperienza e sensazioni
Il condizionamento
Guardare il percorso attraverso la traccia rappresentata su una mappa elettronica ha l’effetto di condizionare le aspettative di chi la osserva. La guardi questa mappa, vedi Cursi, vedi Melpignano e Maglie appaiate tra loro, l’importante strada Strada Statale 16 crocevia e maglia di collegamento tra le maggiori località salentine e, come se non bastasse, una serie di macchie scure segnalanti le innumerevoli cave di pietra presenti in quell’area specifica.
Come pensare di poter attraversare questo luogo con la bicicletta tra un cavalcavia e l’altro? Cosa aspettarsi di buono e di bello nel pedalare tra i capannoni dell’area industriale di Maglie? E i crateri artificiali?
Voragini generate per estrarre la pietra leccese, cosa potranno mai offrire in termini esperienziali ad un ciclista di passaggio? Questa volta il percorso tracciato sarà un flop, una delusione…
Le fondamenta
Con questo pregiudizio si parte da Cursi in una giornata soleggiata ma fredda. La strada, dopo un breve tratto di sterrato, raggiunge e attraversa una serie di cave di pietra leccese e lo si percepisce dai rumori di lavorazione da lì provenienti oltre che da una serie di enormi blocchi in pietra posti ai margini della strada a mo di recinto. Già a pochissima distanza da Cursi l’aspettativa inizialmente negativa comincia a sgretolarsi.
L’affascinante e ormai famosissima Melpignano, cittadina dalle dimensioni a misura d’uomo, è espressione di quella pietra posta a sostegno delle sue fondamenta e svelata dalle cave circostanti.
I menhir ed i dolmen insolitamente numerosi che occupano quest’angolo del Salento da millenni raccontano di una realtà nata nel destino della pietra.
Tutto questo si percepisce strada facendo e quei rumori di lavorazione ora si trasformano in suoni che hanno un senso mentre ci si orienta in direzione Maglie. La Strada Statale 16 appena scavalcata disturba meno se si resta coinvolti dal contesto.
Realtà sorprendente
La sorpresa arriva quando, convinti di approcciarsi senza grandi sussulti alla zona periferica di Maglie, ci si imbatte improvvisamente in un bosco rigoglioso (Bosco di Anna di Nanni) che poi si scopre esser parte di uno scrigno protettivo di un’antica villa ormai rudere che conserva ben visibili dall’esterno affreschi bellissimi sulle volte a stella e pavimenti decorati.
Sfumature di ambienti gattopardeschi spazzano via ogni pregiudizio negativo, la realtà è sorprendente, le pregresse aspettative dunque fuorvianti.
Le zone industriali sono quello che sono ovunque e anche a Maglie è così, la sua periferia ci appare davanti tanto improvvisamente quanto la scomparsa del bosco appena attraversato. Questa periferia va attraversata perchè l’imponenete menhir Calamauri, incastrato tra i margini della S.S. 16 e i capannoni industriali, fa incuriosire e sbalordire. E’ lì da millenni mentre tutto intorno si è trasformato restituendo un’immagine malinconica ma maestosa, il tempo passa per noi ma non per lui.
E’ incredibile come basti allontanarsi di poche centinaia di metri per trovarsi catapultati nuovamente in un ambiente si condizionato dall’esistenza delle cave ma che riesce a convivere con ambienti naturali o rurali.
Da Morigino a Palmariggi
Appena abbandonata la larga striscia di asfalto di pertinenza all’area industriale ci si trova infatti a percorrere stradine secondarie e sentieri non asfaltati incantevoli tra cave e megaliti sparsi quà e la.
La frazione di Morigino dà il via ad un tratto di percorso tanto facile quanto piacevole, strade ghiaiose si alternano a quelle asfaltate in un dolcissimo saliscendi tra campi arati e non, dove distese di fiori colorati di giallo ed arancio fanno dimenticare di essere in inverno.
L’ariosa piazza di Palmariggi riflette il sole ormai alto rendendo tutto luminoso prima di affrontare i dislivelli di una Montevergine splendidamente posizionata con vista sugli alti monti albanesi nelle giornate terse.
La pista ciclabile
Una profondità di veduta sul canale d’Otranto amplificata dalla pista ciclabile che porta giù dal versante opposto della collina e che coincide col punto più a est raggiunto dal percorso. Risalire e ritornare sù dal fianco opposto spezza un pochino il fiato ma lo sforzo è ampiamente ripagato da quel luogo suggestivo.
Bagnolo è a sua volta visibile dall’alto sulla via del ritorno e dopo aver varcato un sentiero sterrato ci si arriva rapidamente.
La percezione di essere ancora lontano dalla meta è smentita anche essa e, benchè percorsa su strada provinciale a dire il vero poco trafficata, in meno di tre chilometri si torna al punto di partenza.
Ora si può dire, guardare il percorso attraverso la traccia rappresentata su una mappa elettronica ha l’effetto di condizionare chi la osserva ma non racconta…