Il Parco dei Paduli – La vora del guercio
“Attraversare senza pregiudizi un dedalo di stradine che nei secoli ha consentito di raggiungere le principali vie di comunicazioni per lo smercio dei prodotti frutto di una terra un tempo strappata alle paludi e vedere cosa realmente nasconde…”
– Dal punto di vista di Komoot
La vora del guercio
Prefazione
La superficie delle terre salentine è visivamente arida agli occhi dei più ma le arterie di acqua ci sono eccome. Lo sanno bene gli agricoltori che con molta fatica devono recuperarla dal sottosuolo, quel sottosuolo destinatario dell’acqua inghiottita dalla superficie attraverso le vore. Le vore sono nel mio immaginario sempre state dei concetti astratti, dei luoghi mitologici sospesi tra realtà e legenda.
Ho sempre pensato alle vore come semplici depressioni del suolo in cui l’acqua piovana convogliata è destinata ad essere assorbita lentamente a mò di spugna oppure come opere ingegneristiche idrauliche con lo scopo di raccogliere quanta più acqua piovana possibile da utilizzare per l’irrigazione in delle vasche enormi di cemento. La Vora del Guercio ha superato ogni mia immaginazione, non solo perchè ad attirare la nostra attenzione verso di lei fosse il rumore dell’acqua tuonante, ma perchè quanto nel mio immaginario è semplicemente stato spazzato via dalla realtà. L’acqua convogliata sulla superficie attraversa un inghiottitoio ben visibile ed in quantità stupefacente… Il concetto di Vora ora è tangibile, vorace appunto, un luogo mistico da venerare che sembra sottrarre qualcosa di importante agli esseri viventi in superficie ed invece custodisce e restituisce con parsimonia una preziosa risorsa per il futuro. Non è che, per caso, la natura ci suggerisce cosa fare in futuro?
(per gli approfondimenti dei cenni storici, fare riferimento tra le altre, alle fonti disponibili ampiamente in rete)
La Vora del Guercio
In sintesi
Da Scorrano si segue la direzione verso ovest pedalando inizialmente su strade secondarie asfaltate per poi percorrere sentieri sterrati fino ai margini del bellissimo Bosco Sant’Elia. Purtroppo, e con molta attenzione bisognerà immettersi, per pochissime centinaia di metri, sulla S.P. 361, rettilineo insidioso per la mobilità lenta che va in contrasto con le esigenze di chi vuole attraversare il tacco d’italia velocemente.
Per fortuna la visuale è buona e con un pizzico di pazienza, facendosi vedere e notare, l’attraversamento è fattibile. Il percorso originario prevedeva il passaggio su un sentiero parallelo che purtroppo è stato arato e dunque non è più disponibile ma quelle stradine appaiono e scompaiono come fossero effimere.
A seguire si continua a pedalare nel silenzio della natura con qualche piccolo ostacolo qua e la da superare senza troppo affannarsi. Tratti comodi cedono il passo a tratti più insidiosi e viceversa fino al ritorno a Scorrano. Nulla di insuperabile comunque.
Sono presenti dei punti di ristoro come masserie adibite ad agriturismo o ristoranti a metà del percorso circa.
Questo l’elenco dei punti di rilievo in ordine di passaggio partendo da Scorrano:
- Nucleo storico di Scorrano
- Menhir La Cupa II
- Bosco Sant’Elia
- Quercia Virgiliana
- Rudere Chiesa rupestre di San Giacomo
- Antica carraia Romana
- Vora del Guercio
Adatto a biciclette attrezzate per percorrere lunghi tratti anche ghiaiosi e sterrati. Laddove necessario, scendere dalla bici e superare a piedi i pochi metri a ridosso di eventuali ostacoli incontrati. Altrettanto si dovrà preventivare di dover fare lungo sentieri dove sono da affrontare strettoie di vegetazione. I dislivelli sono assenti e, al massimo, bisognerà affrontare lievi e brevissime pendenze. Porre attenzione agli attraversamenti di arterie stradali principali con traffico automobilistico prevalente, soprattutto sulla S.P. 361.
La Vora del Guercio
Esperienza e sensazioni
Un gruppetto di tre a Scorrano
Piazza Vittorio Emanuele di Scorrano, punto di partenza e centro geografico quasi perfetto del Parco dei Paduli ci accoglie consapevoli che sarà l’unico centro abitato attraversato in questo percorso immersivo nel cuore del Salento.
Un gruppetto di tre individui in bicicletta si riunisce in un angolo di questa grande piazza con in comune un obiettivo in testa; scoprire un territorio trasparente ai più distratti.
Attraversare senza pregiudizi un dedalo di stradine che nei secoli ha consentito di raggiungere le principali vie di comunicazioni per lo smercio dei prodotti frutto di una terra un tempo strappata alle paludi e vedere cosa realmente nasconde.
Le incognite
In effetti attraversare queste stradine asfaltate solo a tratti, improvvisamente strette al punto da diventare sentieri talvolta fagocitati dalla vegetazione inaspettatamente rigogliosa, è appannaggio dei volenterosi e degli interessati con spirito di adattamento. Sia chiaro, nulla di eclatante, nulla di pericoloso, nulla di estremo ma semplicemente bisogna mettere in conto che si possa essere isolati rispetto alle rotte percorse dai più,
che talune stradine, tracciate e percorse da altri, possano sparire falciate da un aratro trainato dal trattore e che bisogna inventarsi deviazioni strada facendo per poter proseguire.
Insomma, attraversare questa parte dei Paduli passivamente può essere un limite. Ad ogni modo, consapevoli di tutto ciò, siamo partiti verso ovest.
Bosco Elia
Il Menhir La Cupa II ci dice che il caratteristico borgo antico di Scorrano è ormai alle spalle e dunque si segue un antico muro in pietra che costeggia per qualche decina di metri la stradina secondaria asfaltata. La svolta a sinistra e questa stradina asfaltata lascia spazio allo sterrato, ci immergiamo sempre più in una realtà che pensavamo fosse fatta di uliveti disseccati e invece ci mette di fronte ad un bosco incorniciato da un’altro capolavoro, un muro in pietra alto anche fino a tre metri.
Pedalare al fianco del bosco Sant’Elia è entusiasmante, verdi muschi e folta vegetazione boschiva a formare una volta che ci protegge dai raggi del sole ci fanno dubitare di essere nel Salento mentre lo sguardo ciondola a destra e a sinistra incredulo per circa un chilometro.
I primi “ostacoli” sormontabili ci costringono a scendere dalla bicicletta per poter proseguire dapprima ai margini di un campo appena arato, dunque attraverso di esso e scoprire che la prevista svolta verso un sentiero non esiste più. La rimozione di antichi uliveti ormai considerati morti da parte degli agricoltori contempla evidentemente anche la soppressione dei sentieri che li attraversavano.
Nuove vie
L’alternativa al sentiero purtroppo ci costringe a percorrere per poco meno di trecento metri la strada Provinciale 361, un rettilineo che spacca il Parco dei Paduli e che collega Collepasso a Maglie. L’avremmo evitato volentieri ma l’alternativa sarebbe stata quella di attraversare a piedi i campi arati inzuppati di acqua a causa dei temporali persistenti dei giorni precedenti,
anche se, la tentazione di aprire nuove vie di comunicazione come fece Magellano in Patagonia è stata forte. Con questo rimpianto nel cuore ci siamo guadagnati spazio tra l’erba alta dei Paduli accontentandoci del fatto di fare da apripista dei sentieri che sembravano essere destinati all’oblio del tempo. Chissà da quanto tempo nessuno ci metteva più piede?
L’acqua protagonista
Una imponente quercia virgiliana ci dice che ormai le serre salentine si ergono davanti a noi. Il rudere della chiesa bizantina di San Giacomo al Casale Sombrino e la Vecchia via dell’olio ormai pietrificata di epoca romana nei pressi della Masseria Stanzie ci ricordano in pochissimi metri che la Storia è tangibile anche da queste parti mentre lentamente svoltiamo in direzione est. Stradine che fiancheggiano canali di bonifica mimetizzati da canneti e macchia mediterranea fanno intuire che l’acqua è anch’essa protagonista.
Un continuo alternarsi di stradine secondarie asfaltate e ghiaiose, sentieri che serpeggiano tra campi coltivati ad orto e piccoli boschetti retaggio dei tempi passati catturano l’attenzione unitamente ai richiami delle poiane maestose in volo che distraggono agli occhi gli ulivi in perenne agonia. Essi non si arrendono al fato ma lottano per la sopravvivenza.
Ruderi di Masserie dei tempi passati oppure ancora produttive ci ricordano che non siamo soli ed isolati ma semplicemente siamo immersi in un angolo del Parco dei Paduli. Il Menhir La Cupa I segna il ritorno a Scorrano e, purtroppo, il risveglio da un racconto incredibile.