Pietre del Salento – Sua altezza
“…Asfalto datato si alterna a quello appena posato, il color pece del catrame più che mai si contrasta con il verde dei terreni agricoli ancora dormienti, il bruno dei campi arati ed il cielo azzurro maculato dal bianco delle nuvole in movimento…” (fotografia by Sandro Dumas (alias ancient_salento)
– Dal punto di vista di Komoot
Sua altezza
Prefazione
La Grecìa Salentina, è sempre stata una terra intrisa di fascino e mistero. Le leggende che circolano attorno ai suoi siti megalitici hanno contribuito nel tempo ad una maggiore attrazione per questi luoghi. Leggende, tra l’altro, che hanno diversi punti in comune con i racconti della tradizione celtica e dei paesi del Nord Europa.
A Martano, per esempio, presso la Specchia dei Mori (o “Segla u Demonìu” in Griko) si racconta di un tesoro nascosto sotto le pietre e custodito dal diavolo in persona. In una versione differente, invece, si narra di un popolo di giganti (i Mori) che per raggiungere il cielo e toccare gli Dei decisero di costruire una montagna di sassi. Ma gli Dei inferociti per un simile affronto, li fecero sprofondare sotto di essa.
Nei dintorni di Zollino, esiste un’altra leggenda altrettanto affascinante. Pare che in passato nelle campagne del paese si aggirasse uno strano prete vestito di nero e che alla luce di tre candele, iniziasse a compiere intorno all’antico Dolmen Pozzelli un particolare rito molto inquietante.
Ma è a Carpignano Salentino che le leggende iniziano ad assumere contorni decisamente più “Dark”. Secondo alcuni racconti orali infatti, si viene a conoscenza di un macabro cerimoniale che avveniva ai piedi del Menhir Staurotomea: “due bambini dovevano essere legati ben stretti al monolite e allo scoccare della mezzanotte, il Menhir che in passato raggiungeva i 4 metri di altezza, mosso da forze oscure, tramortiva uno dei due malcapitati regalando al fanciullo più fortunato il tesoro scoperchiato dalla pietra stessa”.
Queste ovviamente, sono solo alcune delle tante leggende legate alle Sacre Pietre della Grecìa. Lungo il nostro percorso avremo la possibilità di toccare altri siti che hanno lasciato il segno nell’immaginario collettivo. Tra questi incontreremo: il Trilite di Santo Stefano di Carpignano, enigmatica struttura che richiama, seppur in scala ridotta, i celebri portali di Stonehenge; l’imponente Menhir Grassi sempre a Carpignano; il Menhir della Stazione e il Menhir Sant’Anna di Zollino; il Menhir di Stigliano; il Menhir Croce di Marrugo di Serrano; il Menhir del Teofilo di Martano che, tra tutti si aggiudica il primato di Menhir più alto di Puglia.
(per gli approfondimenti dei cenni storici, fare riferimento tra le altre, alle fonti disponibili ampiamente in rete)
Sua altezza
In sintesi
Si parte da Martano e si attraversano in sequenza i borghi di Zollino Castrignano de’ Greci, Serrano ed i margini di Carpignano Salentino. Tutto il percorso si snoda su stradine secondarie asfaltate a bassissimo traffico automobilistico con dislivelli che non destano alcuna preoccupazione.
Menhir, Dolmen, Specchie, pozzelle e ruderi di masserie più o meno antiche si alternano lungo il percorso a testimonianza di un periodo arcaico in cui le popolazioni locali vivevano prima che venissero contaminate da altre civiltà, la greca in primis.
Un breve racconto del passato viene svelato sulle orme dei carri che hanno solcato la via Traiana-Calabra in un passato più recente ma comunque lontano duemila anni, il tutto percepito attraverso le pietre del Salento.
Sono presenti dei punti di ristoro come masserie adibite ad agriturismo o ristoranti/resort sul percorso pedalato.
Questo l’elenco dei punti di rilievo in ordine di passaggio partendo da Sannicola:
- Specchia dei Mori, Martano
- Dolmen Pozzelli, Zollino
- Menhir della stazione, Zollino
- Menhir Santa Ana, Zollino
- Menhir Croce di Marrugo, Serrano
- Menhir di Stigliano, Serrano
- Menhir Staurotomea o Croce Grande, Carpignano Salentino
- Trilite Chianca di Santo Stefano, Carpignano Salentino
- Menhir Grassi, Carpignano Salentino
- Antica strada Carraia, Martano
- Menhir del Teofilo, Martano
Percorso adatto ad ogni tipo di biciclette eccezion fatta per l’attraversamento dell’antica carraia romana posta alle porte di Martano. Essa dovrà essere percorsa a piedi a prescindere dalla tipologia di bicicletta scelta in modo da preservare questa testimonianza del passato. Sarà necessario avvicinarsi a piedi in qualche occasione ai menhir e l’unico dolmen incontrato che non si trovano ai margini della strada ma al centro di poderi privati. In alternativa sono comunque visibili da lontano. Attenzione particolare per la Specchia dei Mori. Raggiungerla significa attraversare e percorrere la strada provinciale S.P. 28, un rettilineo non certamente bike-friendly viste le alte velocità di percorrenza dei veicoli a motore, a meno di non volersi avvicinare attraversando stradine private come indicate dalla traccia gpx. I dislivelli sono assenti e, al massimo, bisognerà affrontare lievi e brevissime pendenze.
Sua altezza
Esperienza e sensazioni
La difficoltà
Martano, uno dei luoghi simbolo della grecìa salentina, ampiamente conosciuta anche in ambito internazionale, d’inverno si rivela essere un tranquillo borgo salentino immerso nei suoi silenzi e ritmi lenti senza il vivace andirivieni di gente che brulica nel nucleo storico dei periodi estivi. Il mattino presto questo stato di calma è ancor più enfatizzato ed è probabilmente il momento ideale per scorrazzare tra i suoi vicoli in bicicletta e godere di questo stato di cose.
La prima tappa da raggiungere è ubicata a ridosso della strada provinciale S.P. 28, un rettifilo che di fatto collega il capoluogo salentino (Lecce) a Martano che dunque diventa snodo per raggiungere le località di Otranto o Galatina. Complicata da percorrere in bicicletta a causa delle alte velocità di percorrenza dei mezzi a motore anche laddove gli attraversamenti consiglierebbero di rallentare.
Il punto da raggiungere è per altro una di quelle attrattive turistiche che meriterebbe di avere un accesso più idoneo a favore della mobilità fragile ma tant’è, una via alternativa aiuta ad aggirare l’ostacolo il più possibile e dunque si imbocca una stradina secondaria parallela alla provinciale.
Segla u demonìu
Un paio di chilometri tranquilli per poi svoltare bruscamente a destra e, ahinoi, chiedere il lasciapassare per attraversare una stradina sterrata lunga meno di mezzo chilometro il cui accesso è possibile solo superando un piccolo sbarramento ad indicare la proprietà privata. Decidiamo di attraversarla chiedendo perdono al proprietario “in contumacia” e, nel massimo rispetto del luogo chiediamo comprensione. Meglio rischiare una lavata di testa che non essere investiti da un auto.
Siamo comunque costretti a percorrere un centinaio di metri la S.P. 28 in direzione Martano per poi attraversarla svoltando a sinistra in una via di campagna dal fondo sterrato ma molto compatto. Un paio di svolte in breve sequenza ed ecco che appare in tutto il suo splendore una delle poche specchie ancora intatte nel Salento.
Inaspettatamente maestosa, la Specchia dei Mori o Segla u demonìu come la chiamano da queste parti in lingua grika…
…è alta sei metri ma la sua imponenza percepita è decisamente maggiore forse grazie al fico posto sulla sommità e che ne accresce l’altezza, forse anche grazie alla posizione privilegiata sulla serra con vista verso oriente. Il resto lo fa il timore reverenziale incusso dalle leggende che ruotano intorno a questo sito.
Le pietre di Zollino
Ad alimentare ulteriori timori il fatto di dover ripercorrere a ritroso il percorso che ci costringe per la seconda volta ad invadere la proprietà altrui, d’altronde un pizzico di adrenalina può servire per dare slancio al proseguio del giro che si incanala su una tranquilla stradina asfaltata senza pendenze e con vista sulla campagna salentina, a volte costeggiando muri a secco, incrociando ruderi di antiche masserie e tanto verde dovuto ai campi fioriti tipici della stagione invernale a queste latitudini.
In uno di questi campi, a metà tra Martano e Zollino, spunta il dolmen Pozzelli che, ad un occhio poco attento, può assomigliare ad un semplice cumulo di pietre come a volersi mimetizzare. L’aria fresca e la lieve pendenza a scendere rendono l’arrivo a Zollino facile facile e molto godibile.
Attraversare Zollino è un attimo eppure in poche centinaia di metri siamo accolti dalle Pozzelle di Pirro, sculture in pietra e Menhir, elementi che molto hanno a che fare con le pietre e soprattutto con la storia millenaria del luogo.
L’altezza a Serrano
Da Zollino, sempre più ci si immerge nelle silenziose realtà della grecìa a pedalare su strisce di asfalto strette che sembrano essere disegnate apposta a misura di bicicletta. Certo, la pendenza si è invertita, da lieve discesa a lievissima salita praticamente impercettibile fino a Castrignano de’ Greci ed il suo bellissimo nucleo storico fatto di calda pietra leccese.
La salita, si fa per dire, prosegue assecondando i muretti a secco in direzione sud-est poi deviata verso nord’est che culmina a Serrano. Probabilmente il punto più alto della Grecìa Salentina ma sicuramente il più alto del percorso e giusto a ridosso del borgo si impenna (anche quì si fa per dire) di un paio di gradi la pendenza.
La discesa sul lato opposto di Serrano è un pizzico più accentuata e regala una vista sul canale d’Otranto di rilievo. Nei giorni tersi e non di rado si coglie il profilo dei monti albanesi alti sull’orizzonte.
L’età romana
Asfalto datato si alterna a quello appena posato, il color pece del catrame più che mai si contrasta con il verde dei terreni agricoli ancora dormienti, il bruno dei campi arati ed il cielo azzurro maculato dal bianco delle nuvole in movimento. Il ritmo di pedalata interrotto dalle soste in prossimità di menhir e masserie storiche è ritmato senza scossoni, senza strappi ma con leggerezza.
Il punto più lontano da Martano è anche il più basso e si pedala ai margini della serra di cui si gode la vista del fianco fino a sfiorare il centro abitato di Carpignano Salentino. Ad uscire da un periodo arcaico caratterizzato dalla nascita dei dolmen e dei menhir ci pensa un’antica via carraia riconducibile all’età romana, l’antica via Traiana-Calabra, un tratto di cinquecento metri o giù di lì rimasto pietrificato.
Il cerchio del percorso si chiude con il menhir detto del Teofilo. Primeggia in Puglia, quattro metri e settanta centimetri che da circa duemilaottocento anni resiste incredibilmente… Sua altezza.